Fiaba cinese: la figlia dei draghi

Leggi questa affascinante fiaba cinese.

Foto: Seminario di aggiornamento per insegnanti 2021 metodo IWAKURA® – IL CORPO CHE MEDITA
Docente Deborah Nappi

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La figlia dei draghi 

All’indomani della separazione tra il cielo e la terra, vivevano nel firmamento nove draghi giganteschi che venivano sovente a divertirsi tra le nuvole multicolori. Quando questi nei loro giochi si avvicinavano alla terra, tutto ciò che la copriva si disegnava sotto i loro occhi: le montagne, i fiumi, gli alberi, le piante, gli animali…
Un giorno, furono affascinati da una gemma che sulla terra brillava di tutti i suoi bagliori ora rossi, ora verdi, ora violetti. Come era magnifica! La natura aveva voluto che i draghi avessero un debole per le pietre preziose, e così si precipitarono facendo a gara su questo tesoro per appropriarsene. Ma, cosa strana, la pietra che vedevano così bene dal cielo, scomparve al loro arrivo sulla Terra, sommersa nell’immensa foresta.

Non volendo ritornare a mani vuote, i draghi restarono per continuare le loro ricerche.
Il tempo passava senza che se ne accorgessero, e a forza di persistere nella ricerca di questo gioiello, finirono per metamorfizzarsi nel fiume Lancang. È per questo motivo che questo fiume si chiama anche il Fiume dei Nove Draghi.
A fianco del Fiume dei Nove Draghi si ergeva un enorme picco chiamato Picco Dorato, ai piedi del quale c’era una grotta estremamente profonda, detta Grotta della Roccia d’Oro. Essendo questo un luogo spazioso e luminoso, i draghi decisero di trasformarlo in un palazzo e di istallarvisi.

Parecchi anni più tardi uno di loro, il Re dei Draghi bianchi, mise al mondo una bambina. Questa, molto sincera, vivace e graziosa, aveva la pelle così bianca e fresca come quella delle radici di loto e gli occhi brillanti come delle perle. All’età di sedici anni la figlia dei draghi, annoiata di vivere sempre nel palazzo sotto il fiume, usciva sovente dalle acque per giocare. Un giorno, salita in superficie, scoprì lungo le rive dei ciottoli bianchi, delle sensitive verdeggianti, dei fiori rossi e degli alberi dai frutti color arancio.

 

 

La natura aveva voluto che i draghi avessero un debole per le pietre preziose…

 

 

Ella si divertiva così tanto che si dimenticò che doveva tornare indietro. Dapprima, si divertì un mondo lungo il fiume, poi, desiderosa d’andare vedere altrove, giunse, seguendo un sentiero sinuoso, in cima ad una montagna a nord del fiume. Oltre la montagna scoprì una pianura verdeggiante coperta da palme, da bambù nani e da piante di areca molto slanciate.

Estasiata, la figlia dei draghi continuò ad avanzare. Arrivata davanti alla pianura, vide degli uomini che tiravano dei buoi per arare, delle donne trapiantare del riso con dei cesti sulla schiena, dei bambini e dei bufali bagnarsi in uno stagno. Quanto la vita sulla terra era gioiosa e animata! A quella vista, presa da una grande passione per quel tipo esistenza, non ebbe più voglia di rientrare al Palazzo dei draghi.

 

La fiaba cinese continua…

Proprio in quel momento, le si avvicinò un giovanotto che camminava su un sentiero tra i campi conducendo un bue. Aveva all’incirca vent’anni, ed era vestito con una giacca da contadino, con dei pantaloni voltati in su. Portava una fascia sulla testa e aveva le mani piene di fango. Vedendolo, la figlia dei draghi comprese immediatamente che era lavoratore ed onesto. E senza saperlo se ne innamorò. Gli andò incontro e chiese timidamente:
Fratello coltivatore, mi potresti dire il nome di questo luogo?
Il ragazzo si fermò e rispose molto educatamente:
È la pianura Mengyang dei Dai. Da dove vieni, sorella? Perché sei tutta sola?

La figlia dei draghi avrebbe ben voluto dirgli la verità ma per timore di non essere creduta, rispose in maniera sibillina:
Fratello coltivatore, abito vicino al fiume Lancang. Questa mattina, sono andata a cogliere delle verdure selvatiche nella montagna vicino al fiume. Là, mi sono perduta ed eccomi qui per caso…
Nel sentirla parlare in tale maniera, il ragazzo le disse affabilmente:
Vuoi venire a riposarti un po’ a casa mia? Devi essere molto stanca. Casa mia, quella palafitta, è piccola ma comunque ci sono degli sgabelli per gli ospiti.

La figlia dei draghi abbassò la testa, molto felice, e si lasciò condurre dal giovane.
Il ragazzo si chiamava Yan Maoyang. I suoi genitori erano morti da molti anni. Senza fratelli, viveva solo in una piccola casa di bambù. Aveva lavorato come guardiano di buoi sin dall’infanzia e sapeva già arare la terra all’età di dieci anni. Era povero ma di grande bontà. Quando le persone avevano delle difficoltà, era sufficiente dire una sola parola perché lui andasse in loro aiuto. Tutti gli abitanti del villaggio lo trovavano molto simpatico. Parecchie donne molto premurose avevano da molto tempo l’intenzione di aiutarlo a fondare una famiglia. Ma non avevano ancora trovato la ragazza giusta.

Il sole era già tramontato e gli uccelli sarebbe ben presto ritornati al loro nido. I paesani, stupiti di veder Yan Maoyang rientrare con una bella ragazza, andarono tutti sul balcone per guardarli. Il ragazzo era un po’ infastidito ma per niente imbarazzato. «È naturale, si disse, condurre a casa qualcuno che si è smarrito, perché dovrei infastidirmi?»
Rientrato a casa, Yan Manyang depose una catinella d’acqua sul balcone e chiese alla ragazza di lavarsi i piedi. Poi, dispose una tavola rotonda di striscioline di giunco sulla quale mise una ciotola di riso glutinoso, della zuppa di germogli di bambù e dei cetrioli salati.

Sorella smarrita, disse con tenerezza, avrai probabilmente fame dopo aver digiunato tutto il giorno, vieni subito a mangiare qualcosa!
Vedendo che la giovane era arrossita e sembrava confusa, aggiunse:
Queste verdure selvatiche e la zuppa fredda non sono certamente molto appetitose, ma il riso glutinoso, però, è buono, vieni ad assaggiarne!
Fratello coltivatore, come posso ringraziarti! Esclamò la figlia dei draghi. Era la prima volta che mangiava il cibo del mondo terrestre e lo trovava migliore di quello del Palazzo dei draghi.

Finito di mangiare, era già buio. L’orfano si mise in agitazione. Cosa sarebbe accaduto se un uomo pieno di salute avesse dormito con una bella ragazza sotto lo stesso tetto? Ma la notte gli impediva di riaccompagnarla a casa.
La figlia dei draghi era intelligente, e si era già accorta dell’angoscia del giovane. Pensando che era giunto il momento della verità, gli disse con franchezza e tenerezza:
Fratello coltivatore, scusami; in realtà io sono la figlia dei draghi e vivo nella Grotta della roccia d’oro del fiume Lancang. Il desiderio per la vita umana mi ha spinto a venire sino qui. Ti supplico di tenermi, diventerò volentieri tua moglie e ti coprirò di cure e tenerezza.

 

 

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A queste parole, Yan Maoyang fu costernato. Come era possibile che questa graziosa figliola fosse la figlia dei draghi del fiume Lancang? Scettico, egli la interrogò e rinterrogò per esserne certo. Ed ogni volta la giovane giurava di dire la verità.
Yan Maoyang non insistette più. Che quello che diceva fosse vero o falso, egli decise di rispondere alla preghiera della ragazza. Così le disse sinceramente:
Figlia dei draghi, tu hai un’anima pura come una goccia d’acqua! Ma io sono un uomo molto povero. Hai pensato alle difficoltà alle quali andrai incontro se vivrai con me?
Se si ama veramente, rispose la figlia dei draghi, il più aspro dei frutti diventa dolce nella bocca degli innamorati.
Essi procedettero alla cerimonia nuziale la sera stessa.

L’indomani, a questa notizia, i paesani andarono a felicitarsi con dei fiori, del riso dell’ultimo raccolto e dello zucchero rosso in polvere. Vedendo che questi contadini erano tutti molto onesti e benevoli, la giovane sposa giunse le mani per esprimere loro i suoi ringraziamenti sinceri:
Mille volte grazie per avermi dato il diritto d’asilo nel vostro villaggio malgrado la mia bruttezza. A partire da oggi, se voi avrete delle difficoltà, io farò del mio meglio per aiutarvi.
Queste parole colmarono di gioia i paesani che cominciarono ad esprimere i loro desideri:
Ebbene, figlia dei draghi, dacci più pioggia, il nostro villaggio non ha abbastanza risorse d’acqua, il trapianto del riso non si può fare senza la pioggia, implorò un vecchio.

E poi, proseguì una nonna, la gente di Mengyang non sa nuotare né condurre le zattere. Quando abbiamo bisogno di recarci in visita dai nostri parenti sull’altra riva del fiume, non potresti aiutarci ad attraversare il fiume?
La nuova venuta acconsentì con gioia.
Da allora, si dice, il tempo divenne molto favorevole per la risicoltura nel villaggio Mengyang. Quando la gente di Mengyang aveva voglia di andare al villaggio Jinghong, doveva solo gridare: «Sono del villaggio Mengyang, che la figlia dei draghi abbia la gentilezza di aiutarmi ad attraversare il fiume», perché apparisse un ponte sul fiume.

Un anno più tardi, la figlia dei draghi era incinta. I paesani andavano sovente a trovarla a casa, augurandole di mettere al mondo un neonato paffuto senza difficoltà. Ma proprio in quel periodo accadde qualcosa di catastrofico.
Con lo scopo di farsi costruire un altro palazzo, il nuovo capo del villaggio Jinghong ordinò a tutti gli uomini del villaggio di andare ad abbattere il legname necessario sulle montagne. Un mese dopo, essi ne avevano già raccolto la quantità necessaria. Ma al momento di attraversare il fiume, le zattere di bambù furono rovesciate dalle onde e tutto il carico di legname cadde nel fiume Lancang.

I battellieri, diverse migliaia, si adoperarono per recuperare tutto quel legno per novantanove giorni, ma fu tutta fatica inutile. Come fare? Il capo del villaggio Jinghong era molto inquieto, quando un uomo molto intelligente andò a suggerirgli una soluzione:
Mio signore, gli disse, io mi reco sovente al villaggio Mengyang per rendere visita a dei parenti. Ho saputo che là un giovanotto ha sposato la figlia dei draghi. Se si chiedesse aiuto a quest’uomo, forse si ritroverebbe facilmente il legno perso nel fiume.
A queste parole, il capo fece chiamare immediatamente Yan Maoyang.
Costui era un uomo di cuore. Era sempre disponibile. Ma questa volta egli esitò, poiché sua moglie era incinta di nove mesi e avrebbe ben presto partorito. Ma il messaggero lo implorò tanto e ancor di più:
Se noi non possiamo recuperare il legname, il capo del nostro villaggio ci farà picchiare sino alla morte. Abbiate pietà di noi e aiutateci a venirne fuori.

La figlia dei draghi si commosse e disse a suo marito:
Va’, mio caro sposo. Aiutare gli altri a superare le difficoltà è nostro dovere. I paesani si occuperanno di me, stai tranquillo!
Le parole della sua sposa lo rassicurarono e così si recò a Jinghong accompagnato da colui che aveva chiesto aiuto.
Dopo la partenza di suo marito, la figlia dei draghi andò furtivamente sulle rive del piccolo fiume del villaggio Mengyang. Là, ella pregò il genio del fiume di dire al Re dei draghi di aiutare suo marito a recuperare il legname caduto, il più presto possibile.
Il Re dei draghi del fiume Lancang, per far piacere a sua figlia, inviò immediatamente numerosi pesci e gamberi ad assistere Yan Maoyang nel ripescaggio.

 

fiaba cinese

Leggi anche: “la povertà e la ricchezza” (un racconto giapponese)

 

In meno di mezza giornata, essi riuscirono a tirare fuori dall’acqua più di un migliaio di tronchi d’albero. La gente di Jinghong ne era stupefatta. «Oh, diceva, è miracoloso! Solamente il genero del Re dei draghi è capace di fare questo!»
Ma qualcuno ne aveva fatto partecipe il capo del villaggio Jinghong. Convinto dei talenti di Yan Maoyang, questi riconobbe che nessuno a Jinghong era capace quanto il giovane. Ma proprio in quel momento, un uomo gli mormorò all’orecchio:
Mio rispettabile maestro, il giorno della vostra morte è vicino!
Il capo spalancò gli occhi e chiese:
Cosa succede? Qualcuno cerca di uccidermi?
L’uomo rispose con astuzia:
Non ora, ma bisogna stare all’erta! Riflettete bene, Yan Maoyang è mille volte più forte di voi, se avesse l’intenzione di diventare, al posto vostro, il capo del villaggio Jinghong, sareste in grado di misurarvi con lui?
Allora cosa bisogna fare, secondo te?
Chiese il capo con un tono ansioso.

La cosa migliore sarebbe quella di ucciderlo prima che egli sospetti qualcosa, rispose l’uomo estraendo la propria sciabola.
Il capo scosse la testa, vedendo pagato con l’ingratitudine il suo benefattore. Ma subito gli balenò un’altra idea per la testa: «il capo del villaggio Jinghong deve essere un uomo del posto, non bisogna cedere questa carica ad un uomo del villaggio Mengyang. Sarà meglio agire per primo».
Fece allora arrestare Yan Maoyang con l’intento di trascinarlo nella foresta per decapitarlo.
A questa notizia, la gente del villaggio Jinghong che abitava lungo il cammino dove doveva passare il condannato andò ad intercedere in suo favore e a dissuadere il loro capo dall’agire alla leggera.

Ma costui non sentiva da questo orecchio e tranciò la testa di Yan Maoyang con un colpo di sciabola.
Avendo appreso della morte di suo marito, la figlia dei draghi cadde in deliquio. Grazie alle cure dei paesani, ella ritornò poco a poco in sé. Nella sua collera, disse:
Non credevo che esistessero a questo mondo degli uomini così malvagi. Mio marito ha avuto la bontà di andare ad aiutarli. Ma invece di essergli riconoscenti, essi l’hanno ucciso, io non glielo perdonerò!

La notte stessa, la giovane ritornò nel Palazzo dei draghi per far partecipe del suo dolore il Re dei draghi bianchi.
Questi, preso dal furore, ordinò immediatamente ai soldati dei gamberi di gettare grosse pietre nel fiume Lancang. Subito le acque del fiume iniziarono a scorrere a ritroso e, in un niente, inondarono Jinghong e le sue risaie. Il capo e gli abitanti trovarono scampo sulla sommità delle montagne dove si nutrirono di foglie d’alberi e di frutti selvatici.
Perché le acque del fiume salgono così in fretta, visto che non è caduta una sola goccia di pioggia?
S’interrogò il capo del villaggio Jinghong che dava per scontato che la cosa sarebbe stata di breve durata.
Ma trascorsero otto o nove giorni senza che si avesse alcun segno di decrescita.

I sinistrati avevano mangiato tutte le foglie degli alberi e i frutti selvatici e ora rischiavano di morire di fame. Allora un vecchio disse al responsabile:
Hai avuto torto ad uccidere il bravo giovane che ci ha aiutati a ripescare il legname. Ti rendi conto che è la tua cattiveria che ha provocato la collera della figlia dei draghi ed è indirettamente la causa di questa apocalisse! La sola via d’uscita che ti permette di sopravvivere è quella di andare a riconoscere i tuoi crimini davanti alla figlia dei draghi.
Il capo comprese solo allora le cause di quella catastrofe. Rimpianse molto la sua imprudenza e fece fare una zattera di bambù che lo conducesse verso le montagne sull’altra riva in compagnia dei suoi consiglieri.

Là, scesi dalla zattera, si recarono a piedi del villaggio Mengyang per domandare perdono alla giovane vedova:
Figlia dei draghi, disse il capo del villaggio Jinghong, la nebbia ha ostruito la mia vista, quanto me ne voglio d’aver ucciso tuo marito su istigazione di cattivi consiglieri. Uccidimi se vuoi, ma ti supplico di non annegare gli abitanti del villaggio Jinghong.
La figlia dei draghi gli lanciò uno sguardo furioso, gli rimproverò la sua ingratitudine e gli chiese di rendergli suo marito. Incapace di assolvere a tale richiesta, il capo non sapeva che implorare la clemenza.

Fu soltanto dopo aver lungamente pianto che la figlia dei draghi si calmò. Allora il capo le disse:
Figlia dei draghi, se tu ci perdoni e lasci gli abitanti del mio villaggio vivere tranquillamente, noi saremo felici di nutrirti di generazione in generazione.
La figlia dei draghi, nonostante la sua tristezza e la sua indignazione, non se la sentiva di annegare tutti gli abitanti del villaggio Jinghong. Così acconsentì.

La sera stessa, essa ritornò nel Palazzo dei draghi per domandare al Re dei draghi di far togliere lo sbarramento di pietre dal fiume. La mattina del giorno dopo, le acque del fiume avevano ripreso il loro corso normale, i villaggi e i campi emersero nuovamente dall’immensità delle acque.
Da allora, per esprimere la loro riconoscenza, la gente del villaggio Jinghong considerano la figlia dei draghi come il genio del loro villaggio e vanno a venerarla ogni anno lungo le rive del fiume.
Si narra anche che, poco dopo il suo ritorno al Palazzo dei draghi, la figlia dei draghi avesse partorito un bel neonato. E poiché durante la maternità ella aveva avuto bisogno di uova, quando la gente va a renderle omaggio le porta come offerta centoventi uova di differenti colori.

(Fiaba cinese)

Vincenzo CESALE
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LA VIA DEL GUERRIERO (QUELLA VERA), UNISCE PRATICA E CULTURA

Percorrere la via del guerriero richiede tanta pratica, ma non solo: si completa con la ricerca della raffinatezza di pensiero.

Riporto queste parole da un celebre libro, dedicandole ai miei allievi di spada, che in questi giorni, anche in assenza del loro Insegnante, proseguono la pratica nel dojo e mantengono viva l’arte.

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Vincenzo CESALE
チェサレ – ヴィンチェ ンゾ
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L’equilibrio nella via del guerriero

Nel lessico cinese c’è una parola che in giapponese si legge uruwashi e significa “equilibrato”, in riferimento alla corretta proporzione tra l’interiorità e la forma esteriore. La parte sinistra di quest’ideogramma, bun, originariamente significava qualcosa come “percorso”, inteso come il percorso formato dalle increspature sull’acqua o dagli uccelli che volano il cielo, ma poi ha assunto il significato di “lettura”, o percorso della cultura umana e infine di “cultura” in sè.

La parte destra dell’ideogramma, bu, vuol dire marziale, o guerriero e può essere a sua volta scomposta nei radicali “fermare” e “alabarda”, indicando quindi il “fermare con l’alabarda”. l’ideogramma completo “urawashi” quindi, denota un equilibrio tra le abilità culturali e marziali di una persona e questo ideale apparve presto nelle culture cinese e giapponese.

Nel primo periodo Kamakura (1185-1249), in Giappone, questo senso di equilibrio venne espresso in maniera sublime nell’Heike Monogatari , la storia della guerra tra i clan Taira e Minamoto. Il guerriero è descritto come ben vestito, abile nella lettura e nella musica e in grado di comporre una poesia di addio. Questo ideale maschile di equilibrio tra forza militare e potenza culturale, avrebbe attraversato tutta la storia della classe guerriera, anche se alcuni clan, o individui in particolare, avrebbero a volte enfatizzato un aspetto rispetto all’altro.

 

LA VIA DEL GUERRIERO (QUELLA VERA), UNISCE PRATICA E CULTURA-3

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Shiba Yoshimasa (1350-1410), grande generale e governante durante lo shogunato Ashikaga, scrisse nel suo libro, il Chikubasho: “Quando un uomo è abile nelle arti è possibile immaginare la profondità del suo cuore e comprendere la mente del suo clan”.

Altri grandi generali e signori della guerra si trovano sulla stessa lunghezza d’onda. Hojo Nagauji (Soun) (1432-1519), che eresse a Odawara una delle prime grandi città fortificate in Giappone, affermò nei suoi Ventuno precetti che “una persona che non conosce la Via della poesia è davvero povera. La Via del guerriero deve essere sempre sia culturale che marziale. Non è necessario ricordare che l’antica legge stabilisce che le arti culturali dovrebbero essere rette con la sinistra e quelle marziali con la destra.”

Anche Takeda Shingen (1521-1573), unanimemente considerato il più grande generale della sua epoca, disse: “L’apprendimento di un uomo è come i rami e le foglie di un albero; esso non può vivere senza. Imparare, tuttavia, non significa solo leggere qualcosa, ma si tratta piuttosto di qualcosa che integrano nelle diverse Vie“.

 

Ma c’è anche chi la pensa in modo diverso

Naturalmente c’erano delle eccezioni: Kato Kiyomasa (1562-1611), che fu comandante del castello di Kumamoto prima degli Hosokawa, credeva che un guerriero che si fosse dedicato alla poesia sarebbe diventato ben presto un “effeminato”. E’ rimasta celebre la sua dichiarazione per chiunque avesse studiato il Teatro NO avrebbe dovuto suicidarsi. Ma l’ideale era stato stabilito molto prima e la maggior parte dei daimyo si occupava di poesia, di arte (o almeno la collezionava), e partecipava alla cerimonia del tè, che era diventata molto di moda.

Questi uomini reputavano le attività artistiche non solo dei passatempi, ma vere e proprie legittimazioni della loro posizione dominante. Imagawa Ryoshun (1325-1420), uno dei daimyo più potenti e acculturati della sua epoca, si espresse senza mezzi termini nelle sue Norme. La prima frase del testo, infatti, afferma: “senza conoscere la Via della cultura, non ti sarà possibile raggiugere la vittoria in quella marziale”. In seguito affermò:

Nei Quattro Libri e nei Cinque Classici (del Confucianesimo), e nei trattati militari, è scritto che non è possibile governare senza avere studiato la letteratura. Così come il Buddha ha predicato i vari dharma per per poter salvare tutti gli esseri viventi, noi [guerrieri] dobbiamo mettercela tutta e non abbandonare mai le due Vie della Cultura e del Marziale [bunbu ryodo].

 

Tratto da:
Il samurai solitario
(Miyamoto Musashi)
di: William Scott Wilson

 

Gli Istruttori certificati di Qi Gong-Iwakura-Riflessologia Bagua

Per conoscere gli operatori e insegnanti certificati 2019 della scuola Due Cieli di:

Meditezione    “Iwakura”

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Operatore del benessere    Riflessologia Bagua

vai alla pagina: OPERATORI e  INSEGNANTI

LA DIREZIONE

L’INCOSTANZA – SCUOLA DUE CIELI

Mi ha improvvisamente sfiorato un pensiero sull’incostanza, che mia moglie ed io condividiamo e di cui voglio rendervi partecipi.

Essendo noi formatori nella scuola Due Cieli, ci immedesimiamo nell’insegnante descritto dall’articolo.

Ciò nonostante, sappiamo bene che una parte delle persone non sempre è motivata. L’incostanza è sempre in agguato.

Ma abbiamo difficoltà a capire perchè, dopo aver speso denaro (con fatica e guadagnato) e tempo, non si continui a formarsi, per poter trasformare la fatica e la spesa maturata in una proficua rendita: che sia morale e materiale!!

 

L’articolo di Selvaggia Lucarelli

 

<<< Quando frequentavo le scuole medie, un insegnante particolarmente creativo decise di
inculcarci il concetto di “fatica uguale risultati”, invitandoci a occuparci di qualcosa da settembre a maggio, con continuità, per poi osservare tutti insieme i risultati.

C’è chi disse “scrivo un libro in questi mesi”, chi “io prendo un gattino e lo cresco”, chi giurò “imparerò a pattinare” e così via.

Io che avevo un piccolo giardino, promisi “da giugno vi mostrerò il mio orto”.
Feci comprare dei semi a mia madre, poi pensai ad altro.

Tutti i mesi, per pigrizia, rimandavo la semina. Poi seminai e mi scordai di annaffiare. Poi il freddo uccise la prime piantine.

Poi mi dimenticai di nuovo. Ad aprile il mio orto non esisteva, ma ero convinta che in un mese avrei avuto piante alte come lampioni.

Nel frattempo a scuola garantivo che avrebbero visto un capolavoro di botanica da
far impallidire l’Amazzonia .

A due giorni dalla visita della classe nel mio orto, c’erano sei piantine sbilenche e un paio di fusti secchi dall’aria post atomica.

Realizzai che avevo mentito per mesi, convincendo pure me stessa delle scadenze che raccontavo e che la figura di merda era catastrofica e ineluttabile. E così fu.

Non ho più pensato a quella menzogna irrecuperabile e alla vergogna annunciata per 30 anni circa, finche non ho visto Fyre, il nuovo documentario di Neflix diretto da Chris Smithe e co-prodotto da Vice Studios.

Fyre, sulla carta, la storia del più grande festival della storia che non c’è mai stato, ma soprattutto, per chi lo guarda, un costante richiamo a quella sensazione e inadeguatezza che abbiamo provato una volta nella vita di fronte a impegni non mantenuti con totale incoscienza.

Guardi Fyre e ti senti in ritardo su tutto.
Su un lavoro da consegnare, su una telefonata da fare, su una bolletta da pagare. Sulla vita.

Selvaggia Lucarelli
Da “Il fatto quotidiano 24/01/2019 >>>

 

L’incostanza condiziona il futuro

 

Dopo le varie riflessioni, Deborah ed io ci siamo fermati un momento per meditare sulla
nostra storia lavorativa: non solo come coppia, ma anche soci di un’attività portata avanti ormai da più di vent’anni.

Il risultato è che noi siamo all’unisono e siamo una medaglia con due distinte facce: Yin e Yang, ma una sola medaglia.

Il lavoro svolto, vi garantisco, è veramente tanto. E’ stato possibile per questa unicità che ci fa da stimolo continuamente, ed anche nei momenti più difficili, per non mollare mai.

 

Incostanza-scuola -duecieli

 

L’intento nostro era, ed è tutt’oggi, quello che abbiamo ottenuto.

 

Se decidete di fare un orto bisogna portarlo avanti a qualunque costo: solo in questo modo potranno apparire i frutti sperati. Cedere all’incostanza può farci perdere tutto.

Sentirsi appagati interiormente equivale ad essere arrivati, ma anche a ripartire con nuove forze.

Il nostro bagaglio di esperienza, di realtà, di quotidianità, di sapere, è tutto.

Ed è molto più importante di un investimento in borsa, che potrebbe crollare da un momento all’altro: perchè è proprio ciò che siamo che alla fine resta!

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Deborah
Vincenzo

Due Cieli

Yin e Yang nelle arti marziali – Kyudoiaidoqigong

Yin e Yang: espressione di equilibrio nelle arti orientali.

“Il guerriero non è chi usa la forza”.
“Il guerriero è colui che medita”.

 

Le arti marziali sono una filosofia di vita. Le arti marziali sono efficaci in quanto derivano da un corretto equilibrio interiore tra corpo e mente. Ecco perchè possiamo parlare di Yin e Yang nelle arti marziali.

Il controllo della mente, la meditazione, la scoperta di energie interiori sono solo alcuni degli esercizi che esse prevedono. Forse però nessuno ti ha ancora detto che Yin e Yang si incontrano nelle arti marziali.

 

 

 

In Oriente si usa dire che è meglio essere un guerriero in un giardino che un giardiniere in una guerra.

Chi pratica arti marziali deve dare sfogo al proprio lato yang, senza reprimerlo: deve essere in grado di domarlo ed una volta domato sarà nel pieno potenziale delle proprie forze ed energie.

 

Questo sarà possibile attraverso il lato yin delle arti marziali, quello interiore fatto di lavoro sulle energie.

In questo modo si diventa artisti delle arti marziali.

 

Le arti marziali nascono con l’obiettivo di migliorare le capacità dello spirito oltre a quelle fisiche. Per essere praticate correttamente però necessitano di trovare risposta nella separazione tra il corpo e la mente, tra il fisico e lo spirito.La spiegazione ci arriva attraverso i concetti dello yin e dello yang.

Yin è: il freddo, il basso, l’oscurità, l’interno, l’inibizione, ciò che è materiale, l’ombra, la luna, la terra, il principio femminile.

Yang, invece, è il calore, l’alto, il movimento, l’esterno, la luminosità, l’eccitazione, la rapidità, tutto ciò che è immateriale, il Sole, il cielo, il principio maschile.

 

La loro assoluta interdipendenza esprime che ciascuno dei due aspetti è la condizione per l’esistenza dell’altro: il giorno non potrebbe esistere senza la notte, l’alto senza il basso, l’ombra senza la luce, il forte senza il debole.

L’equilibrio è nell’integrazione dei due, ed è quanto ci prefiggiamo di promuovere nelle arti marziali, attraverso la pratica e il lavoro con il corpo.

 

Nella nostra Scuola Yin e Yang non sono solo due forze, ma anche due persone

La completezza dell’energia si fonda sull’unione degli opposti. Abbiamo fondato i Due Cieli proprio per unire le strade: quella interiore e quella fisica.

Tuttavia la divisione non è così netta come potrebbe sembrare.

 

Nella via piùyin-e-yang-2 Yang, quella che seguo io, l’aspetto prevalente è quello del lavoro sul corpo e sui tendini , per ridare vita al corpo quando è in situazione ristagnante. Inoltre guido le persone ad esprimere il proprio lato yang in modo assertivo, soprattutto se si tratta di individui molto timidi, con eccesso di Yin.

Però nelle mie discipline è presente anche una parte di yin, rappresentato dalla ricerca alchemica e meditativa: perchè la cultura fisica non può e non deve isolarsi dallo spirito.

Vincenzo

 

 

Deborah, invece, seyin-e-yang-4gue la via più yin, di ricerca interiore, attraverso lo studio delle discipline di armonizzazione dello stile di vita e attraverso la meditazione.

Tuttavia, come la Medicina cinese Insegna, la ricerca interiore (da sola) finisce per far deperire il corpo fisico. Per questo il corso di formazione in Meditazione propone le Tecniche corporee per l’approccio con il radicamento ed il corpo fisico.

Unendo questi aspetti, offriamo una via completa a chi si avvicina allo studio con noi.

 

A seconda della predisposizione individuale, possiamo indirizzarlo verso il percorso più armonizzante, per le esigenze di quel momento.

 

 

Tao, yin e yang

Anche nelle arti marziali, Yin e Yang, sono opposti ma complementari, sono entrambe due energie indispensabili e la mancanze di una di esse determinerebbe la cancellazione del tutto.

C’è un’ affermazione del detto taoista «Nel movimento trovare la calma, nella calma, trovare il movimento»

 

 

Nei nostri corsi di arti marziali (che, preferisco definire “arti orientali”), è propositivo offrire delle risposte: quelle che l’uomo cerca nella vita di ogni giorno, incluso il potere di affermarsi.

E’ possibile trarre ogni sorta di beneficio da un lavoro integrato, dove corpo, mente e spirito possono riguadagnare il giusto spazio.

Yin e Yang influenzano in modo determinante le Arti Marziali.

 

YIN-E-YANG-3Per il principio del wu wei le Arti Marziali rifiutano la violenza.

Non bisogna infatti “agire” attaccando, ma semplicemente adeguare l’azione a quella dell’avversario.

Morbidezza e la cedevolezza sono qualità essenziali nella pratica delle arti marziali. Non bisogna opporsi alla forza dell’avversario, ma utilizzare la sua forza per batterlo.

 

 

Anche le tecniche di respirazione, di meditazione, di circolazione del Qi hanno avuto un’importanza determinante sullo sviluppo delle Arti Marziali.

Per questo sono anche una forma di meditazione dinamica grazie alla quale è possibile giungere all’unificazione.

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RADIO DUE CIELI

E’ nata Radio Due Cieli, sul web.
Verranno realizzate conferenze e presentazioni, che potrete ascoltare in diretta (intervenendo tramite la chat),
oppure scaricando i podcast per riscoltarli in qualsiasi momento.
link alla radio: http://www.spreaker.com/user/duecieli

LIBERA UNIVERSITA’ POPOLARE DUE CIELI

VIA PLAVA 37 – 10093 COLLEGNO /TO

TEL. 011-4034056

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SALONE DEL LIBRO 2012

coverNutrizioneAmica

Conferenza sulla nutrizione codotta da Deborah Nappi, responsabile biodiscipline del centro DUECIELI
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