L’ANIMA DEL KYUDO

L’indipendenza di visione

L’anima del Kyudo, “In questa specializzazione tradizionale del bujutsu, i maestri consideravano di fondamentale importanza le qualità seguenti: indipendenza di visione, che abbracciasse un campo il più vasto possibile; un’acuta percezione dei dettagli significativi, senza dispersione dell’attenzione dovuta alla paura o alla confusione; l’energia per piegare l’enorme arco, per controllare il lancio della freccia, e la sua traiettoria verso il bersaglio.

 

 

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Per quanto riguarda i primi due requisiti, la dottrina del kyujutsu operava una netta distinzione tra l’idea di mirare ad un bersaglio (monomi), e quella di concentrare e stabilizzare la mira (mikomi); nel lessico di quest’arte, ‘concentrare‘ e ‘stabilizzare‘ erano generali e diffusi, mentre ‘mirare‘ era specifico.

L’arciere

doveva essere in grado di ampliare e di restringere il suo campo di visione, e la sua attenzione, a volontà, per essere conscio del suo ambiente complessivo e per controllarlo.

Nello stesso tempo, egli doveva essere in grado di percepire un’ombra particolare in agguato nelle sue vicinanze, o anche una piccolissima falla nell’armatura di un nemico lanciato al galoppo sul campo di battaglia, verso le sue linee.
In questo contesto, l’arte dell’arco si avvaleva di dottrine relative al controllo mentale, che erano già antiche quando avevano raggiunto il Giappone dall’India, insieme ai primi manuali del buddismo.

 Arjuna

Il Giapponese, per esempio, conosceva a memoria la storia dell’arciere Arjuna. (…)
Per sviluppare questa capacità di vedere chiaramente il tutto e tutte le sue parti, il kyujutsu ricorreva abbondantemente al HARAGEI, ‘quest’arte del ventre che è presente in tutte le arti del Giappone, e la cui padronanza è una conditio sine qua non in ognuna di esse’. ” (…)

Tutti gli insegnanti del kyudo sottolineano quest’idea della centralizzazione addominale, quale requisito fondamentale per estendere il corpo in piena coordinazione tra intenzione ed azione, tra volontà e respirazione, e tra questi ed ogni movimento, dal tendere l’arco e dal lancio della freccia alla proiezione mentale, che deve accompagnare la freccia stessa al bersaglio.

La condizione mentale

Così la coordinazione fisica e mentale dell’arte dell’arco, oggi come ieri, ritorna al Haragei, l’arte della centralizzazione addominale, senza la quale, in Giappone, la coordinazione è considerata inconcepibile ed irraggiungibile in pratica. “

( fonte: ‘ I segreti del samurai’, di O.Ratti e A.Westbrook, ed. Mediterranee, traduzione de ‘ The Secrets of The Samurai’, 1973. Pagg. 411-412

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Vincenzo CESALE
チェサレ – ヴィンチェンゾ
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